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Scompenso cardiaco: il ruolo dell’infermiere tra ospedale e territorio

Ripensare l’assistenza nello scompenso cardiaco

Lo scompenso cardiaco rappresenta una delle principali sfide della sanità moderna. È tra le prime cause di ricovero nei pazienti cronici e, nonostante i progressi terapeutici, continua a generare alti tassi di riacutizzazione e riammissione ospedaliera.

Per affrontare questo problema non basta intervenire solo nella fase acuta: serve un percorso continuo che accompagni il paziente anche dopo la dimissione, con un forte raccordo tra ospedale e territorio.

In questo contesto, l’infermiere diventa una figura insostituibile:

non solo gestore di procedure cliniche, ma educatore, punto di riferimento e facilitatore di autonomia per il paziente e la sua famiglia.

Lo scompenso cardiaco: una condizione in crescita

La prevalenza dello scompenso cardiaco è in costante aumento, in particolare nelle fasce di popolazione più anziane. Molti pazienti convivono per anni con questa condizione cronica, che comporta limitazioni fisiche, ridotta autonomia e un impatto significativo sulla qualità della vita.

Ogni riacutizzazione segna un peggioramento della prognosi e aumenta la fragilità del paziente, generando un circolo vizioso difficile da interrompere.

Ecco perché diventa cruciale passare da una logica esclusivamente ospedaliera a una gestione integrata e preventiva.

Educazione sanitaria: una terapia non farmacologica

Uno dei cardini della gestione dello scompenso cardiaco è l’educazione sanitaria. Non si tratta di un semplice momento informativo, ma di un processo continuo che mira a rendere il paziente più consapevole e partecipe della cura.

L’infermiere aiuta il paziente a:

  • riconoscere i segni precoci di scompenso, come aumento di peso rapido, dispnea o edemi periferici
  • seguire correttamente la terapia farmacologica prescritta, riducendo il rischio di abbandono o errori
  • adottare stili di vita salutari, dalla riduzione del sale nell’alimentazione fino al mantenimento di una regolare attività fisica compatibile con la condizione clinica

Questo lavoro educativo non si limita al paziente, ma coinvolge attivamente anche i caregiver, che spesso rappresentano un supporto fondamentale nella vita quotidiana.

Il passaggio dall’ospedale al territorio: un momento delicato

La fase della dimissione è uno dei passaggi più critici.

Spesso, il paziente viene dimesso ancora fragile, con necessità di controlli ravvicinati e un regime terapeutico complesso da seguire.

Senza un adeguato ponte assistenziale, il rischio di riammissioni precoci aumenta sensibilmente.

Qui entrano in gioco le figure infermieristiche territoriali, come l’infermiere di famiglia e di comunità, che garantiscono continuità di monitoraggio e sostegno domiciliare.

La creazione di un canale di comunicazione diretto e fluido tra l’ospedale e i servizi territoriali è un elemento chiave: condividere informazioni cliniche, piani terapeutici e obiettivi assistenziali permette di costruire un percorso personalizzato e coerente.

Lavoro multidisciplinare: un approccio integrato

La gestione dello scompenso cardiaco richiede un approccio multidisciplinare. Medici cardiologi, infermieri, fisioterapisti, dietisti e psicologi concorrono, con le loro competenze, a sostenere il paziente nel lungo percorso della malattia cronica.

L’infermiere ha un ruolo strategico: traduce le indicazioni cliniche in azioni pratiche quotidiane, si occupa del monitoraggio dei parametri, educa il paziente a gestire correttamente la terapia e funge da punto di raccordo con gli altri professionisti.

Questa centralità dell’infermiere nel lavoro di squadra rappresenta un valore aggiunto che può incidere in modo significativo sugli esiti clinici e sulla qualità della vita del paziente.

Un investimento in salute pubblica

Promuovere programmi strutturati di educazione sanitaria nello scompenso cardiaco non è solo un atto clinico, ma un vero investimento di salute pubblica.

Migliorare la consapevolezza dei pazienti significa ridurre i ricoveri, contenere i costi e, soprattutto, aumentare la qualità e la durata della vita.

È una sfida che richiede impegno, risorse e collaborazione tra ospedale, territorio e istituzioni sanitarie. Ma è anche un’opportunità concreta per ridisegnare i percorsi di cura in chiave di sostenibilità ed efficienza.


I contenuti di questo articolo sono basati sulla lezione “Educazione sanitaria al paziente con scompenso cardiaco: continuità assistenziale tra ospedale e territorio”, a cura della Dott.ssa Alessia Santocchini, infermiera e docente di Infermieristica clinica presso la Facoltà di Medicina e Odontoiatria del Policlinico Umberto I di Roma, e della Dott.ssa Laura D’Uffizi, infermiera presso la ASL Roma 6 con formazione avanzata in management e direzione delle aziende sanitarie. Il materiale originale fa parte del Percorso Formativo ECM Infermiere di Territorio pubblicato da Medical Evidence. I contenuti sono utilizzati con finalità divulgative e restano di proprietà dei rispettivi autori.


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