Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
Assistenza sanitaria territoriale. Dopo la crisi pandemica l’Unione Europea ha risposto con il Next Generation EU (NGUE). Si tratta di un programma di investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale.
Per l’Italia il NGUE rappresenta un’occasione di crescita e sviluppo. Grazie a questi nuovi investimenti sarà possibile modernizzare la pubblica amministrazione, sanità compresa.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato il 13 luglio 2021, è stato redatto dal Governo. Indica come l’Italia intenda sfruttare i fondi europei del Next Generation EU.
L’importo totale è di circa 222 miliardi. Nello specifico, la Missione 6 (M6) del PNRR è dedicata alla salute e si articola in due componenti (C1 e C2):
- M6C1
- Potenziamento e creazione di strutture e presidi territoriali
- Rafforzamento dell’assistenza domiciliare
- Sviluppo della telemedicina
- Integrazione più efficace con tutti i servizi socio-sanitari
- M6C2
- Innovazione
- Ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale
- Rinnovamento e ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti
- Completamento e diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)
- Migliorare la capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) attraverso più efficaci sistemi informativi.
Assistenza sanitaria territoriale: un nuovo modello organizzativo
La componente della Missione 6 contempla la riforma volta a individuare un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza sanitaria territoriale, con la determinazione dei relativi standard strutturali, tecnologici e organizzativi, da affiancare a quelli, da tempo definiti, dell’assistenza ospedaliera.
Tale riforma è stata deliberata con il Decreto del 23 maggio 2022, n. 77
“Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”
Gli investimenti relativi all’assistenza territoriale da finanziare con il PNRR, previsti all’interno della riforma, si sviluppano su tre diversi livelli di trattamento, da coordinare in un approccio integrato.
I tre livelli previsti appaiono funzionali a una piena presa in carico dei pazienti che possono essere trattati sul territorio.
La riorganizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale è un elemento cruciale per permettere la riqualificazione del Servizio Sanitario Nazionale.
Negli ultimi anni lo spostamento delle cure dal livello ospedaliero a quello territoriale ha rappresentato una delle più diffuse politiche sanitarie nei paesi europei, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e accrescere l’efficienza.
Case di comunità
Rappresentano il punto di accoglienza dell’assistito, con il compito di indirizzarlo verso i servizi di assistenza sanitaria primaria, socio-sanitaria e sociale, oltre che di curare la promozione della salute e assicurare la presa in carico dei pazienti cronici, attraverso equipe multi-professionali.
Potranno discendere dall’aggregazione di servizi di assistenza primaria opportunamente sviluppati o dalla realizzazione di nuovi centri.
L’obiettivo è disporre di almeno 1.350 Case della comunità dotate di attrezzature tecnologiche entro la metà del 2026.
Assistenza domiciliare (ADI)
Per l’ADI si prevedono sia il rafforzamento, con l’obiettivo di prendere in carico almeno 800.000 nuovi pazienti oltre i 65 anni di età (arrivando a 1,5 milioni), sia la riorganizzazione.
Quest’ultima implica, da un lato, l’entrata in funzione, entro giugno del 2024, di 600 Centrali operative territoriali (COT) – interconnesse e dotate di appositi dispositivi per il telemonitoraggio dei pazienti – volte al coordinamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie per migliorare accessibilità, continuità e integrazione delle cure e, dall’altro, la diffusione della telemedicina, attraverso l’attuazione entro il 2023 di almeno un progetto per Regione (o per consorzi tra Regioni) e assicurando l’assistenza tramite dispositivi tecnologici digitali ad almeno 200.000 pazienti per la fine del 2025.
Ospedali di comunità
Si tratta di ospedali a degenza breve (15-20 giorni), per lo sviluppo delle cure intermedie tra ospedale e ambulatorio, atti ad alleggerire gli ospedali dalle prestazioni a bassa complessità e a contenere gli accessi al pronto soccorso.
L’obiettivo è realizzare o adeguare 400 Ospedali di comunità entro la metà del 2026, dotati di interconnessione e attrezzature tecnologiche.
Le possibili vocazioni delle case di Comunità
Con le Case della comunità invece si dovrebbe assicurare la presenza su tutto il territorio di strutture assistenziali di prossimità, fisicamente identificabili e facilmente raggiungibili dagli assistiti, con un bacino di utenza standardizzato.
Nel PNRR la Casa della Comunità viene descritta come
“una struttura fisica in cui opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute e potrà ospitare anche assistenti sociali” e come “un punto di riferimento continuativo per la popolazione che ha il fine di garantire la promozione, la prevenzione della salute e la presa in carico della comunità di riferimento”.
Esistono tre diversi modelli possibili di “Case”:
- la Casa della Salute
- la Casa Sociosanitaria
- Casa della Comunità
La Casa della Salute è caratterizzata dalla presenza di servizi sanitari collocati in un unico luogo fisico e integrati tra loro; la Casa Sociosanitaria integra sia i servizi sanitari territoriali del SSN sia alcuni o tutti i servizi sociali degli enti locali.
Infine, la Casa della Comunità integra tutti i servizi sanitari territoriali, alcuni o tutti i servizi sociali degli enti locali e allo stesso tempo si apre alle risorse e alle reti di comunità.
Ognuna delle tre tipologie descritte può essere a sua volta interpretata in maniera diversa, portando alla definizione di molte possibili fattispecie di Case.
Nella programmazione delle Case della comunità, la sfida per il management e per gli stakeholder locali sarà quella di decidere quale delle diverse vocazioni possibili assegnare a ciascuna struttura.
Le vocazioni non sono tra di loro alternative, ma possono combinarsi per rispondere alle specificità dei singoli contesti e per valorizzare le reali risorse umane e di servizi disponibili.
Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo Infermiere di Territorio della Dr.ssa Paola Gobbi: “Dalle case della salute alle case di comunità: cosa cambia nell’assistenza territoriale con il DM 77/2022”.
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